E’ considerata la Bibbia della moda, detta lo stile in voga in ogni momento e la sua attuale direttrice è un’autentica icona dello star system che ha ispirato addirittura la creazione di una pellicola. Non esisterebbe il variopinto mondo del fashion senza Vogue, periodico mensile nato a fine Ottocento da Arthur Baldwin Turnure e diventato famoso nel mondo grazie alla successiva acquisizione di Condé Montrose Nast.

La storia diVogue è quella di un magazine capace di reinventarsi, di risorgere dalle proprie ceneri rendendosi pian piano indispensabile per i patiti di moda; eppure, la rivista non si limita solo a illustrare la vita di passerella, ma è sempre al passo con i desideri delle persone comuni che vogliono sentirsi uniche senza dilapidare il proprio stipendio.

 

Struttura della rivista

Il mensile Vogue è essenzialmente strutturato in tre macro-aree:

  • Fronte del Libro (FDL): al suo interno troviamo rubriche di vario genere (cibo, salute, bellezza e fitness), nonché articoli incentrati sulla moda e notizie di cultura;
  • Centro del Libro (CDL): nota anche come “Pozzo“, questa sezione alterna moda e interviste a personaggi del settore oppure a celebrità. In questa sezione vengono anche inclusi storie correlate di fotografie su case e giardini e articoli di stampo culturale;
  • Retro del Libro (RDL): spazio dedicato allo shopping, con una rubrica Indirizzi e consigli per gli acquisti di capi e/o accessori selezionati dagli editor di Vogue.

A queste tre sezioni principali si aggiunge la rubrica Ultimo Sguardo che si concentra in particolare su un singolo accessorio di moda. Il CDL è l’unica sezione del mensile non inframezzata da pagine pubblicitarie.

Storia di Vogue

E’ il 1892 quando Arthur Baldwin Turnure fonda Vogue a New York. La rivista, inizialmente concepita come un settimanale destinato soprattutto alla upper-class newyorkese e avente un target sia maschile che femminile, includeva rubriche pensate per soddisfare tutti i “palati”: La moda elegante a buon prezzo, L’uomo elegante, Pettegolezzi mondani, Per la padrona di casa.

Il rilancio del magazine avviene, però, nel 1909, quando Vogue cambia editore, passando dalle mani di Turnure a quelle più capaci di Condé Nast. Sin dal 1910 molti aspetti riguardanti la fruizione e la composizione della rivista cambiano: Vogue inizia ad uscire a cadenza bisettimanale, aumentando il numero delle pagine ed il prezzo e riducendo il target di riferimento al solo gentil sesso.

L’aumento delle tirature di copie – dovuto anche al fatto che la rivista conteneva al suo interno un maggior numero di pagine pubblicitarie – convince il nuovo editore a lanciare Vogue nel mondo. La rivista diviene così internazionale: nel 1916 viene lanciata l’edizione inglese, seguita da quella spagnola (che non ebbe, però, grande successo), francese e la infruttuosa edizione tedesca.

Dopo alterne vicende legate alla scelta da parte dell’editore di quotare Vogue in Borsa, Condé Nast muore. E’ il 1942 e tocca al fidato collaboratore di quest’ultimo, Iva Sergei Voidato Patcévitch, prendere in mano le redini della rivista. Nel 1959 entra in gioco la famiglia Newhouse: sarà Samuel I. Newhouse Sr, presidente di Advance Publications, ad ottenere il 46% della Condé Nast Publications, ottenendo successivamente l’intero capitale azionistico della rivista.

Nel 1972 Vogue cambia ancora pelle, diventando un mensile ed aumentando notevolmente le sue tirature.

Attualmente Vogue vanta 21 edizioni sparse per il mondo e tradotte in diverse lingue, dall’inglese all’italiano passando per cinese, francese, spagnolo, ecc..

Visita il sito di Vogue: vogue.com

Le direttrici

Sette donne, sette direttrici, sette visioni della rivista, condizionate anche dal periodo storico nel quale hanno vissuto e operato: sin dalla sua genesi Vogue ha ricevuto l’onore di essere gestita da sette leader naturali, che hanno donato alle proprie lettrici non solo una rivista di svago, ma un autentico vademecum sulle ultime tendenze in fatto di stile ed eleganza.

La prima direttrice della rivista risponde al nome di Josephine Redding, all’epoca responsabile della parte femminile dedicata alla rivista; nel 1909 le succede la sorella della vedova Turnure Marie Harrison, licenziata da Condé Nast a seguito della causa che vide contrapposti il nuovo editore contro la signora Turnure. La Harrison pagò lo scotto di aver parteggiato per sua sorella.

La terza direttrice di Vogue è Edna Woolman Chase, che nel 1914 prende in mano le redini della rivista donandole subito la sua personale impronta. Donna piuttosto rigida ed esigente, la Chase ha alle spalle un lunghissimo periodo di gavetta all’interno della rivista. Edna Woolman Chase impone alle sue dipendenti un outfit sobrio ed essenziale, in linea con la rivista; la donna, inoltre, era nota per i suoi consigli spietati in fatto di tendenze fashion.

Alla Chase si deve l’organizzazione delle prime sfilate di beneficenza, nelle quali è solita coinvolgere stilisti blasonati e ricche signore newyorkesi per perorare la causa a donne e bimbi sofferenti a causa del Primo Conflitto Mondiale. Edna Woolman Chase va in pensione nel 1951.

All’uscita di scena della Chase subentra Jessica Daves (1952). Non ritenuta inizialmente idonea al ruolo di direttrice di una testata di moda, la Daves decide di coinvolgere l’art-director di Vogue Alexander Lieberman, affidandogli il compito di curare la parte grafica della rivista. Pur essendo una conservatrice in fatto di stile, Jessica Daves è ricordata per la capacità di compensare la sua visione della moda con l’accessibilità ad alcuni capi anche al ceto medio-borghese.

La quinta direttrice di Vogue è Diana Vreeland (1962), spregiudicata ed innovatrice. Sotto la sua egida Vogue assume contorni più provocanti e sensuali; anche la visione dell’universo della moda cambia, diventando più simile ad uno spettacolo vero e proprio, un universo altro nel quale traghettare le proprie lettrici. Nel 1971 alla Vreeland segue Grace Mirabella, che veste di una nuova pelle – l’ennesima – la sua creatura.

La direzione della Mirabella rende Vogue un magazine più vicino alla realtà vissuta da una società, quella degli anni Settanta, mossa da tumulti a dir poco rivoluzionari. Le donne iniziano a lavorare, pretendono la stessa uguaglianza di diritti degli uomini, sono alla ricerca di capi da poter indossare tutti i giorni, abiti pratici e fashion allo stesso tempo.

Sotto la direzione di Grace Mirabella Vogue diventa mensile; al suo interno, inoltre, trovano ampio spazio pagine dedicate ai consigli di bellezza e alla salute. Nel 1988 varca la porta di Vogue lei: la leggenda vivente, l’icona di stile, il “diavolo che veste Prada“: l’inglese Anna Wintour!

La direttrice in carica di Vogue è vista dagli addetti ai lavori e non solo come una sorta di creatura mitologica. Sin dal suo esordio dietro la scrivania, Anna Wintour apporta importanti cambiamenti alla rivista, partendo proprio dalla copertina. La cover del mensile mostra la modella per intero, dando risalto agli abiti indossati e proponendo soluzioni alla portata di ogni tasca.

Vogue non è più un magazine elitario per donne ricche e annoiate, ma una rivista capace di coniugare luxury e moda contemporanea, di celebrare il bello e il creativo, di esaltare l’individualità di ogni sua lettrice. Come ama sostenere la Wintour, Vogue non è più una rivista: è un brand.

L’estetica di Vogue

Anche l’occhio vuole la sua parte e il team di Vogue, decennio dopo decennio, ne è sempre stato consapevole. Ecco perché ogni aspetto del mensile è stato curato in ogni suo dettaglio, dalla copertina all’ultima pagina. Nulla è stato lasciato al caso e tantissimi nomi noti dell’arte e della moda è stato coinvolto nel corso dell’evoluzione del magazine.

Le copertine

La storia di Vogue è scandita anche dal design delle proprie copertine. Del resto, serve una cover convincente per invogliare il lettore all’acquisto e ogni personalità che ha contribuito a rendere la rivista grande nel mondo lo sa.

Le prime copertine alternavano in maniera casuale foto, illustrazioni e stampe. L’arrivo di Condé Nast dona una sferzata all’impostazione della copertina. Il nuovo editore opta per cover a colori, realizzate da pochi illustratori, per rendere riconoscibile il taglio proposto dalla rivista; Consé Nast, inoltre, impone che la parola Vogue venga inserita nel design.

Ogni copertina del magazine tende a promuovere la corrente artistica in voga in un determinato periodo, almeno sino agli anni Trenta, quando la cover di Vogue assume connotati più “fotografici”. Nel 1932 Vogue viene pubblicato con una cover fotografica ad opera di Steichen: lo scatto a colori di una ragazza in costume. Tale scelta stilistica dà il via ad una nuova fase della rivista, che propone fotografie di modelle in copertina.

Negli anni Sessanta ritratti di modelle ammiccano in maniera sensuale a lettori e lettrici; grande risalto viene dato al volto, allo sguardo, alle labbra della “cover girl” prescelta. La Wintour introduce la copertina che ritrae la figura intera della modella, ponendo particolare enfasi sugli outfit indossati.

Il logo

Il logo di Vogue ha subito qualche trasformazione nel corso degli anni. Il primo, realizzato da Harry Mc Vickar, è composto da due donne reclinate e viene posto solitamente nella parte alta della copertina.

Nel gennaio 1907 fa capolino la parola intera Vogue, posta sulla cover come trabeazione sopra due colonne. Come per la composizione delle copertine, anche per l’inserimento del logo nel design complessivo gioca un ruolo chiave l’editore Condé Nast, che chiede agli editor di inserire la parola Vogue nell’illustrazione a colori, cambiandone a piacimento l’aspetto grafico.

Quarant’anni dopo sarà Alexander Liberman a creare l’attuale logo di Vogue.

Gli artisti coinvolti

Illustratori, artisti e fotografi hanno fornito il proprio contributo alla causa di Vogue.

Nel primo decennale di vita della rivista pongono la propria firma sul mensile mostri sacri dell’arte e dell’illustrazione come Salvador Dalì, Georges Lepape ed Eduardo Garcia Benito. Non mancano i successivi contributi fotografici di professionisti quali Adolphe de Mayer (che firmò un contratto in esclusiva con il mensile), Edward Steichen, Cecil Beaton, Horst P. Horst, Toni Frissel, André Durts, Irving Penn, William Klein, Richard Avedon, Bruce Weber, Annie Leibovitz e Helmut Newton.

Vogue Italia

Tra le varie edizioni di Vogue nel mondo, non poteva mancare quella nostrana.

Vogue Italia nasce nel 1962 dalle ceneri di Novità, acquistata dalla Condé Nast di Samuel Irving Newhouse. La rivista conserverà il primo nome sino al 1965, anno in cui cambia il suo nome in Vogue & Novità sotto la direzione lampo di Consuelo Crespi.

Nel 1966 alla Crespi succede Franco Sartori, che modifica il nome della rivista in Vogue Italia. Non solo il nome: Sartori apporta numerose modifiche stilistiche e non solo al mensile, dal cambio formato alla carta sino al coinvolgimento di grandi nomi della fotografia mondiale per rendere il magazine più raffinato e godibile.

Alla morte di Franco Sartori nel 1988 tocca a Franca Sozzani raccogliere la pesante ma meravigliosa eredità di Vogue Italia. Sotto la sua egida la rivista accentua il suo carattere sofisticato e si mostra sempre più attento alle esigenze delle sue lettrici. La Sozzani muore nel 2016 e Vogue Italia passa sotto l’attenta leadership di Emanuele Farneti, direttore sino al 2021 (sostituito da Francesca Ragazzi).

Vogue Italia esce con i consueti dodici numeri annuali e con importanti allegati: Vogue Unique, incentrato sul lusso (marzo e settembre); Casa Vogue, sugli interni d’autore (aprile e ottobre); Shopping in Vogue (febbraio ed agosto); Beauty in Vogue (maggio e novembre).

Visita il sito di Vogue Italia: vogue.it

Filmografia

Vogue è stata fonte di ispirazione per la realizzazione di un film di successo e di un documentario incentrato sulla figura di Anna Wintour.

  • Il Diavolo Veste Prada di David Frankel, 2006
  • The September Issue di J. R. Cutler, 2009 – docu-film